Nonno Giorgio cosa racconti ai tuoi nipoti per convincerli a restare in Italia da grandi?

cuggi giorgioCaro Zio Giorgio, lo so che non sei mio zio, ma mio “cuggi” (cugino di secondo grado per l’esattezza); ma, in famiglia ti abbiamo sempre chiamato zio Giorgio anche quando non eri altro che il cugino di mamma e quindi va bene così. In tutta la mia vita non ti ho mai chiesto nulla se non un autografo per i miei figli da mostrare orgogliosi a scuola (ed essere presi in giro e non creduti). Questa volta ti chiedo qualcosa di veramente importante non solo per me ma anche per i miei figli che sono pure sangue del tuo sangue.

Ti chiedo di dirmi perché non dovrei emigrare in Canada o in qualche altre parte del mondo per dare un futuro a loro e a me.

Tu e Clio, fin da giovani, vi siete battuti per i diritti dei lavorati del sud. I lavoratori veri che sono tanti, sfruttati e senza speranza. Quanti anni avevate quando avete cominciato andando per i cantieri? E quanti ne sono passati? Hanno più speranze ora questi lavoratori? E i giovani del sud di allora avevano più speranze dei giovani del sud di oggi?

Molti raccontano, e forse ci credono pure, che l’unica speranza rimasta ai giovani di talento del sud sia di fondare una startup e farsela finanziare da un investitore che in gergo si chiama Venture Capital (a noi italiani, si sa, piace fare gli ammerricani). Alcuni ce l’hanno fatta e ne sarai felice anche tu come lo sono io. Ma di quanti giovani parliamo? 100? 200? 1000? E se poi scoprissimo che quelli che dovrebbero aiutarli ad avere successo invece li ostacolano? Che pensano solo ai propri interessi finanziari di investitori senza prendere in considerazione alcun altro aspetto? Che speranza rimarrebbe per quei ragazzi e ragazze? E quali per un 50enne come me che sente la responsabilità del futuro dei propri figli ancora piccoli e dei tanti giovani che lo hanno seguito nelle sue iniziative imprenditoriali?

Mi faccio queste domande perché il boom economico degli anni 60, di cui tu sei stato testimone, credo che fu originato dalla disperazione della guerra ma, soprattutto, dalla speranza di un riscatto di pace e prosperità. I soldati e i partigiani tornati a casa si misero semplicemente a lavorare e da lavoratori diventarono imprenditori, credo senza nemmeno rendersi conto. Qualcuno li finanziò, so di un macellaio di Piacenza, di Banche (allora lo facevano), di collette. Non so di investitori professionisti e tanto meno di investitori di rischio o venture capital. Molti ragazzi del Sud di allora sono emigrati al Nord ma hanno trovato ciò che cercavano comunque in Italia. Hanno trovato il lavoro e quindi la dignità.

Ora ai ragazzi del sud è proposto di fare gli startupper che significa inventarsi qualcosa di tecnologico talmente nuovo e distruttivo (disruptive) da convincere un investitore a finanziarli. E per questo vengono organizzati centinaia di eventi e competizioni in tutta italia spesso dalle stesse Banche che non finanziano più gli imprenditori alla vecchia maniera.

Lo Stato, il Ministero dello Sviluppo Economico per la precisione, ha dato dei soldi (presi dalla cassa deposito e prestiti ovvero dai risparmi depositati sui conti correnti postali dagli italiani se non sbaglio) a degli investitori professionali privati perché finanziasse delle imprese innovative che si insediassero al Sudo e dimostrassero loro che questa è una via di speranza.

Io faccio veramente fatica a crederlo. Non riesco più a capire come crederlo. Ci ho creduto anche io e molto. Ho creduto che ci  potesse essere una comunione d’interessi anche tra speculazione finanziaria e impresa e ci ho provato. Ci  ho dedicato parecchi anni della mia vita professionale e investito tutti i miei risparmi; ma alla fine sono stato costretto a chiudere una delle mie startup (quella al sud per l’esattezza) proprio da chi avrebbe dovuto sostenere la speranza mia e delle ragazze del sud mie socie. E allora ti chiedo e te lo chiedo pubblicamente:

Per favore dimmi perché non dovrei emigrare all’estero per dare speranza ai miei figli? So di aver sbagliato molto come imprenditore; ma questo sistema, quello che, per scherzo, chiamo lo startup show business, è veramente la speranza per il sud e quindi per l’Italia tutta?  Non sarebbe meglio aiutarli a lavorare, semplicemente a lavorare sulle proprie idee e pian piano trasformarli in imprenditori veri? Come è successo negli anni 60? Perché tutta questa fretta di avere successo? Di far soldi e farne fare agli investitori? Quale futuro di lungo termine ci aspetta in Italia con questo approccio al fare impresa copiato dagli esempi americani invece che nostrani (vedi distretti etc)?

Prima che a te ho chiesto ai gestori di questi fondi di dimostrare pubblicamente la qualità del lavoro svolto e, considerato che hanno gestito soldi pubblici e sono vigliati dalla Banca d’Italia (ci si può fidare almeno della Banca d’Italia vero?), sicuro risponderanno; ma, a te chiedo un conforto più ampio. Una speranza di sistema. Una speranza che vada oltre i giochino fatto da questi investitori che è poco più di una sperimentazione se non un contentino rispetto la situazione al Sud.

Lo sai che sono milanese dalla nascita (figlio di emigrati come tutti i milanesi della mia generazion) e bolognese di adozione; quindi, qualcuno potrebbe pensare che potrei anche sbattermene le palle dei ragazzi e delle ragazze del sud; ma, è proprio li che ho trovato i migliori talenti, le migliori idee, la più grande determinazione e il più grande spirito di sacrificio. Tutte doti indispensabili per fare impresa. Ora questi giovani, e meno giovani, è stata tolta la dignità della speranza e il loro fallimento fa da monito a chi stava trovando il coraggio di provarci a fare una startup. Non siamo in America, siamo in Italia, e in Italia quando si fallisce, si è falliti e basta. Mica ti viene chiesto di riprovarci, anzi, vieni considerato poco affidabile, non uno che non rifarà più gli stessi errori e quindi ha maggiori possibilità di successo.

E allora chiedo nuovamente a te, ora che sei finalmente tornato a fare il nonno, di dirmi coma racconti ai tuoi nipoti per dargli speranza e dai anche a me il coraggio di restare invece che andarmene dall’Italia. Ti chiedo di farlo pubblicamente perché sono veramente migliaia i giovani che ci stanno provando a diventare startupper e molti di loro sono proprio del Sud.

Con affetto e stima. il tuo cuggi Andrea

PS. sto anche cercando un lavoretto retribuito, partime andrebbe benissimo. Pensavo ad un posto di parlamentare o di usciere alla Camera. Non è che potresti fare una telefonata a Silvio, Matteo 1 e 2, Beppe o chi ti pare  e proporre il mio nome? Ti assicuro che non lo verrà a sapere nessuno. Resterà tra noi. Giurin giurello.

PPS. Visto che sicuro non sei tipo da stare su Linkedin a cercare lavoro o a farti bello con il tuo CV chiederò a mamma di girarti per posta questo mio appello. La cara vecchia posta che profuma di carta. Peccato sia diventata così rapida da essere quasi del tutto inutile.

30 agosto. Mamma (quella con la sciarpa rossa nelle foto) ha letto e non credo abbia gradito.. “dobbiamo parlarne a quattrocchi..”. Speriamo non si accorga che l’ho già pubblicato.

andrea@elestici.com

S-blogger a tempo perso e imprenditore a tempo non retribuito.

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