Dovevano andare in Tribunale (a portarci i libri) e ci siamo ritrovati in Borsa…

Inizialmente ho pensato di scrivere questo post per rispondere ad un commento che avevo letto su un gruppo facebook in cui avevo pubblicato la mia prima tripla raccomandazione in stile andreottiano. Purtroppo quel commento ed il mio post sono stati cancellati dai moderatori del gruppo ma mi ricordo che diceva qualcosa del genere: “avete sbagliato a insistere con weekendagogo, alla prima difficoltà avreste dovuto cambiare subito progetto e pensare a qualcos’altro. Detta all’americana suona così: fast fail and restart”. Poi Marina Salamon mi ha fatto ricordare i tempi in cui frequentavo casa sua come ospite nei weekend di lavoro e quindi penso che dedicherò a lei anche questo post anche se sarebbe meglio dedicarlo ai tanti validi professionisti che persero il loro lavoro a causa delle scelte scellerate dei noi soci di allora.

Visto che a me piace accontentare tutti dividerò la storia in due: pre quotazione dedicata all’anonimo commentatore e post quotazione dedicata a Marina e a tutti coloro che non sapevano.

Si tratta di una storia romanzata ma che si basa su fatti realmente accaduto tra il 1999 ed il 2001 a cavallo tra il boom e lo sboom della new economy. Nel marzo 2000 il Nasdaq raggiunse il suo massimo storico (chissà se ora lo ha superato di nuovo?). Si tratta di una storiella italiana in tutto e per tutto. Ma che ha un ponte legame diretto con quanto avveniva oltre oceano (vecchio vizio italiano questo).

Credo fosse inizio 99 quanto Enrico Gasperini e Alberto Fioravanti (il ghost socio di Enrico)) convocarono noi quattro giovani manager di Inferentia per dirci che la situazione era drammatica. Non c’erano soldi per pagare gli stipendi. I soci di maggioranza di allora, Adnkronos, e nostri principali procacciatori di clienti non ci pagavano da mesi e puntavano a prendere il controllo della società. Ci dissero che avremmo dovuto rinunciare allo stipendio per alcuni mesi e che dovevamo sperare che nessun fornitore ci facesse un decreto ingiuntivo perché, altrimenti, saremmo finiti a portare i libri in tribunale. Eravamo Maurizio Bombara, Gabriele Ronchini, Valeria Martinetti ed io ME (lo stesso di ora ma molto più incazzoso). Da dire che nessuno di noi era assunto. Eravamo tutti a partita iva quindi parlare di stipendio era un “modo di dire”. Risultato Maurizio va a lavorare in Athena 2.000 (pure sua moglie lavorava in Inferentia e rischiava di non prendere lo stipendio), Ronchini in IBM (come biasimarlo con 4 figli da mantenere), Valeria in Gray (uno dei due doveva pur portare dei sodi a casa), io resto, ed essendo il più irresponsabile tra i 4, invece di stare a lavorare, mi prendo una vacanzina di una settimana. Parto per gli USA in cerca di partner industriali e finanziari. Parto al seguito di Fassino, allora ministro dell’industria. O qualcosa del genere. Si quello stesso Fassino che nel 2013 ho ritrovato in un’isoletta greca a bordo di uno yacht esagerato che si faceva largo a spinta tra le barchette ormeggiate in un porto minuscolo. Viaggio pagato dalla Camera di Commercio di Milano mi pare altrimenti mica ce lo saremmo potuti permettere (non c’erano mica i voli low cost).

Durante il viaggio nella est coast (allora ancora competitiva rispetto alla silicon valley) incontro varie web agency come noi. Ricordo Agency.com ad esempio ma anche molte altre. E ciò che mi sorprese fu il constatare che non avevamo nulla da imparare da sti geni di americani e che non era un caso che fossimo stati noi a vincere per 2 anni di fila il web award con tanto di articolo sul NYtimes. Certo loro se la passavano meglio, non rischiavano di finire in tribunale per l’abitudine tutta italiana di pagare a 180 giorni e oltre o non pagare del tutto. Ma tranne ciò, mi sembrarono solo più bravi ad arredare gli uffici.

Fatto sta che una sera, ad un pub di New York dove eravamo andati tutti, incontrai due ragazzi italiani che mi dissero di essere lavorare per gli avvocati italo americani di Soros che allora era ancora sulla cresta dell’onda (credo che adesso sia affogato nei soldi). Gli do il mio bigliettino e con grande sorpresa loro mi dicono: “ah, Inferentia, vi conosciamo benissimo e siamo interessati ad investire su di voi per portarvi in Borsa. Abbiamo appena concluso con Inet e presto la quoteremo, ma se siete interessati potremmo fare lo stesso anche con voi”. Io faccio il sostenuto ma quasi mi piscio addosso. Penso anche che forse ci hanno confuso con qualcun altro e comincio a raccontare quanto siamo fichi, che siamo leader in Italia, che abbiamo vinto premi, che abbiamo clienti della madonna, che ci chiamano ogni giorno mega aziende per farsi fare il sito da noi etc etc.

Torno a Milano felice come un bambino e racconto di questo incontro ad Enrico che con il suo solito sorriso da uno che ha dormito 2 ore per notte mi dice che non si può fare, che quelli di Adnkronos non vorrebbero, che per quotarsi ci vogliono 3 anni di bilanci certificati e positivi e che è meglio se torno a lavorare che di vacanze ne ho già fatte fin troppe considerata la situazione.

Torno al mio tavolo in condivisione con altre 8 persone nell’ex locale portineria di uno stabile in periferia di Milano dove, prima di entrare a lavorare, dovevi cambiarti le scarpe perché sicuro, lungo la strada, avevi schiacciato qualche merda di cane. Se non sbaglio era via Venezian (via tacito, azz. Grazie Giuliana), ai tempi in cui, da quelle parti, ci passavano solo i cani per cagare e non era ancora diventato un posto di loft signorili.

Io faccio finta di abbozzare, ma non mi arrendo. Quelli di Adnkronos mi stavano troppo sui coglioni per dargliela vinta.

OMISSIS

Incontriamo Enrico e lo convinciamo che l’operazione è possibile OMISSIS ha anche un idea di chi andare a trovare per proporre il deal. Si trattava di Marco Benatti. Il re media italiano. Il finanziatore di Virgilio.

OMISSIS

Incontriamo Marco che era nel suo massimo splendore di piacione e mammo sposato con Marina Salamon.

Ci si intende al volo, Marco è uno veloce, e combiniamo il tutto. Con un’operazione roccambolesca riusciamo a far uscire da una porta AdnKronos ed entrare dall’altra Marco. Siamo salvi. Soldi freschi in cassa e un socio dinamico che vuole sfruttare l’onda del momento e non rincorrere i favori dei politici di turno.

Felice, come un uovo kinder, torno alla carica per la quotazione, ma la solfa è sempre la stessa.. Mi sorge anche il dubbio che ad Enrico non piacciano le idee che non siano frutto delle sue notte insonni. Fatto sta che mi incapponisco (non ne senso che mi taglio i coglioni ma che me lo faccio venire duro come quello di Bossi) e chiamo un amico che avevo conosciuto ai tempi di MuseoVivo quando facemmo il progetto bellissimo pagato da BNL: ArcheoROMA. Si tratta di Andrea Franceschi che aveva appena lasciato BNEL per andare in un’agenzia di Pubbliche Relazioni di altissimo livello e che seguiva proprio le aziende quotate. Lo chiamo e gli chiedo: “Andrea, tu che lavori per delle aziende quotate, mi dici come ci si fa a quotare?”. Notare la mia ignoranza. Da markettaro (laureato in informatica per di più) mi rivolgo ad un PR. Lui mi risponde che ci vuole un advisor. Io casco dalle nuvole e gli chiedo cosa sia un advisor, per un attimo penso sia un allarme o uno che ti avvisa se stai per fallire. Invece mi spiega che è qualcuno che può affiancarci e supportarci nel processo di quotazione. “Te ne faccio conoscere qualcuno e poi vediamo cosa ti dicono”.

Di questi incontri mi ricordo solo i loro uffici MEGAGALATTICI con scrivanie enormi e poltrone in pelle umana. Scrivania del capo di turno senza alcun computer in vista (allora era uno strumento da segretarie). Vetrate con vista sul Duomo e schiera di segretarie fichissime ed efficientissime (con anche il computer).  Faccio la mia solita presentazioncina tutta visioni e muscoli (se ci penso ora a come fosse fatta male, mi sento, male), rispondo ad alcune domande e me ne vado pensando che in uno spazio grosso come l’anticamera dei loro uffici noi ci stavamo in 8. Dopo alcuni giorni mi richiamano e mi fanno vedere un documento fatto super bene (in format Mckinsey puro) in cui ci dicono che sono interessati a quotarci e, da una prima valutazione, potrebbero collocarci ad un valore di circa 1.000 miliardi di lire pre-money. Io faccio finta di non morire e ringrazio. Non mi ricordo se andai da solo o ci fosse già Enrico con me ma poco importa. Ero sotto shock e non ricordo quante ore vagai prima di arrivare in ufficio con le scarpe piene di merde di cane schiacciate.

Torno dai soci e gli dico che ci deve essere stato un errore di battitura ma che comunque ci vogliono veramente quotare. E cosi va a finire la storia. Aggiungo solo un altro episodio che mi è rimasto impressi nella mia labile memoria.

Avviene 24 ore prima della quotazione, dopo il road show con gli investitori, gli advisor ci dicono che le prevendite non sono andate benissimo e che la caduta del Nasdaq comincia a farsi sentire anche in Italia. Ci suggeriscono di quotarci ad un valore pre money di 400 miliardi invece che 1.000 con l’obiettivo di raccogliere circa 50 o 100 miliardi (non mi ricordo con precisione perché forse erano già euro). Marco va su tutte le furie (lui è del segno del leone e gli piace ruggire per tenere la scena) e dice che quei soldi ce li mette lui (aggiunge anche qualche insulto che non ripeto perché a me non piace riportare le parolacce degli altri. Io preferisco dire le mie). Gli advisor abbozzano e ci lasciano soli in una sala riunione tappezzata di quadri d’autore di grandissimo valore. Marco si calma ed io lo convinco con queste parole: “Marco noi siamo gente abituata a stare nei garage (raggiungibili facendo la gincana tra le merde di cane) e non ci spaventa fare altri sacrifici per la nostra azienda; ma, considera che ci stanno valutando più di Pininfarina. E, per quanto noi si sia i più fichi in Italia, permettimi di dire, che Pininfarina mi pare più fico di noi (essendo, Pininfarina, proprio suo amico acconsente al paragone). Quindi, se proprio dobbiamo stare in un garage, a me piacerebbe fosse più vicino al centro. In Borsa appunto (perché, penso tra me, magari da quelle parti i marciapiedi li puliscono più spesso)”.

Ci siamo quotati il 2 agosto 2.000 e la sera abbiamo fatto una gran festa. Eravamo proprio felici. Tutti molto felici ed alcuni anche ricchi (io tra quelli).

Morale

se sei un imprenditore: “NEVER GIVE UP”

se sei uno startupper: “FAIL FAST AND RESTART”

ma ricordati che in italia si costituisce con una SRL con 1 euro e ce ne vogliono 4.000 per chiuderla…

andrea@elestici.com

S-blogger a tempo perso e imprenditore a tempo non retribuito.

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