Report di una riunione a casa del Mammo e della Papò (!!??)

La telefonata di Marina Salamon mi ha fatto riemergere dalla memoria i ricordi di una riunione a casa sua che all’epoca divideva con il marito Marco Benatti mio socio di maggioranza in Inferentia.

Erano gli anni 99/2000 e allora Marco faceva il Mammo e, immagino, lei facesse la Papò (si chiama così la moglie del Mammo?) il che significava che lui lavorava 3 giorni alla settimana nell’ufficio di Milano e, gli altri 4, l’ufficio si doveva trasferire a Verona, A casa sua e di Marina, appunto. Un giorno sono stato invitato anche io a trasferirmi e, mi ricordo, che era una domenica. Mi ricordo anche che ero incazzato come una iena, ma anche lusingato di essere stato considerato anche io parte del suo entourage (o forse della mobilia?) ed invitato per un Board (che non è un the ma una noiosissima riunione di capi).

Per l’occasione mi misi delle scarpe nuove (non quelle piene di merda di cane con cui andavo a lavoro) e un vestito decente ma casual. Mi misi al volante della Renault 5 bianca quasi nuova nonostante avesse 14 anni e che mi aveva regalato mia suocera (grande amore per la mia compianta suocera Mariuccia) e partii per Verona. Allora non c’erano navigatori o se c’erano erano aggeggi da ricchi (ed io non lo era ancora diventato). Quindi quando arrivai davanti al cancello di casa di Marco pensai di essere arrivato e parcheggiai la macchina in strada. Invece quello era l’ingresso del parco e mi feci a piedi i 2 km in salita che bisogna percorrere per arrivare a quella umile dimora; impolverando le scarpe nuove e facendomi venire le vesciche ai piedi.

Arrivato feci finta di nulla e, di nascosto, mi pulii le scarpe impolverate strofinandole sui pantaloni. Per fortuna di auto ce ne erano molte e di sicuro non si sarebbe notata la mancanza delle mia, anzi, al contrario, si sarebbe notata la presenza di un’utilitaria cosi vecchia, piccola e bianca.

Era mattina presto perché il mammo ama lavorare con il fresco e ci riunimmo tutti nella dependance adibita a suo ufficio. Non mi ricordo nulla dei contenuti del board se non che ad un certo punto è comparsa Marina e ci ha chiesto se volevamo fermarci a mangiare li, che ci avrebbe preparato due spaghetti alla buona.

Dopo una mezz’ora eravamo seduti in una tavolata bandita con piatti di porcellana e calici. Le posate erano solo le classiche 4 ma la tovaglia era bellissima in tinta con tutta la sala da pranzo. Ci serviva a tavola una cameriera o due non ricordo. C’era talmente tanta gente in quella casa tra bambini (di ogni età), babysitter, domestiche, ospiti e cani che facevo fatica a capire chi fosse chi. Ma Marina si capiva benissimo chi fosse e infatti ci ha intrattenuto a pranzo da vera Papò di casa.

Ci ha raccontato di quando, in Assolombarda, ha incontrato per la prima volta Marco e se ne innamorata subito (nonostante gli amici l’avessero messa in guardia sul suo talento di seduttore, ascolta gli amici Marina, non sono tutti lecca-culo come me).

Poi ci ha raccontato dell’ultimo parto durante il quale i medici erano stati costretti a usare dei tappi per sopportare gli urli (credo si trattasse di Lupo).

Quindi ci ha raccontato che la mattina aveva portato tutti i bambini a vedere una processione e che loro non capivano cosa fosse, perché non erano cattolici praticanti; ma erano, comunque, rimasti impressionati dalla rappresentazione popolare. Qualcuno un tempo disse: “La religione è l’oppio dei popoli..”.

Ci ha anche raccontato dei suoi problemi di Papò e madre del figlio di Luciano Benetton. Il problema era come evitare che lui (il figlio) si sentisse diverso dagli altri fratelli (figli di Marco) come evitare che lui (il figlio di Luciano) si rendesse conto di essere un ricco vero. Uno straricco vero direi. D’istinto guardai Marco e mi guardai intorno e pensai (ma non dissi nulla): “Perché marco non è anche lui ricco? E poi, mi sono chiesto, cosa pensassero di essere gli altri figli? Figli di impiegati o di operai?”. Ora che ho 3 figli anche io ancora non capisco la natura del suo problema. Forse ciò è dovuto al fatto che hanno tutti e tre la stessa madre (del padre non vi è certezza) ma soprattutto dal fatto che lei non ha,sposato nessun operaio veneto ma un semplice startupper milanese.

A quel punto dopo 4 ore di board domenicale e, due spaghetti conditi di chiacchiere in simpatia, ho cominciato a sentire dei forti dolori di pancia e a fare scoregge puzzolentissime. Stavo avendo il mio solito attacco di colite nervosa. Era il prezzo che dovevo pagare ogni volta che mi costringevo a stare zitto per quieto vivere o educazione (ora non ne soffro più, stranamente). Mi alzo da tavola e, senza dare nell’occhio e nella speranza che le mie puzze fossero attribuite alla popò di Lupo, vado in cerca di un bagno. Errore madornale, per poco non me la facevo addosso. Avete idea di cosa significhi avere la sciolta? Che tu pensi di fare una scoreggia e invece pisci merda dal culo… Io ero in quella situazione e mi piegavo ad ogni fitta stringendo le chiappe per evitare che mi uscisse anche una sola goccia.

Durante la ricerca del bagno finisco in una stanza che mi colpisce per la sua funzione d’uso: era una sorta di cinema con le pareti tappezzate di vetrinette che contenevano migliaia di video cassette. Lo schermo era enorme, come quelli che si vedono ora da Mediaworld; ma eravamo nel 2000 ed era la prima volta che ne vedevo uno cosi grande (di cui ignoravo l’esistenza pure). Trovo un bagno, mi svuoto l’intestino. Asfissio le farfalle del parco su cui si affacciava la finestra del bagno e torno al mio posto come se nulla fosse.

Prendo parola (che mi era tornata dopo lo scarico) e cerco di fare il ragazzo di mondo che sa fare conversazione e non solo scorregge. Chiedo: “chi di voi due è appassionato di cinema? Ho visto la vostra collezione per caso…”. Capisco subito di aver fatto la domanda sbagliata. Marina mi fissa con fastidio e mi risponde che quella è una delle stanze dei bambini e che, quelle, sono le loro video cassette. In casa, infatti, non ci sono televisori perché, loro due, Mammo e Papò, non vogliono che i loro figli guardino i programmi in televisione: “c’è troppa pubblicità e ai bambini fa male”.

INIZIO DIGRESSIONE DI NATURA PEDAGOCICA: Non male, come filosofia educativa, per quello che allora era considerato il Re Media e che doveva la sua fortuna alla gestione dei budget pubblicitari di praticamente tutti i brand italiani e non (compresi quelli che fanno pubblicità rivolta a bambini e ragazzi). Non male anche per la moglie di uno come Benetton, prima, e Benatti poi. Una che come imprenditrice si occupa di moda e comunicazione. Non male Marina. “La coerenza è una dote degli stupidi” (citazione di Costanzo, Maurizio Costanzo).Tranquilla,  non sei l’unica ad aver adottato questo regime educativo. Anche Veronica Lario e SIlvio Berlusconi hanno scelto le Scuole Staineriane per i loro figli. Si potrebbe dire che “la pubblicità è l’oppio dei poveri”.E non sarà nemmeno un caso che, ora che ho finito tutti i soldi, mi trovo dei figli che guardano ore e ore di pubblicità al giorno e che mettono da parte i soldi per comprarsi l’iphone grosso, più grosso, ancora più grosso. Un iphone 6 plus per la precisione. Avrei dovuto chiedertelo durante la nostra ultima telefonata cosa fare in questi casi. Tu sicuro mi avresti dato un’altro consiglio utile e di cuore, da persona che mi vuole bene. FINE DIGRESSIONE

Scusate la digressione  e torniamo ai miei labili ricordi.

Annuisco e confermo che anche a casa mia non si guarda mai la televisione (non avevo figli allora). Per educazione evito di dire ciò è dovuto al fatto che torniamo a casa troppo tardi dal lavoro e andiamo subito a dormire.

Si parla di quotazione e Marina ci dice che lei non ci pensa proprio perché il suo amico e consulente Tremonti gli aveva trovato il modo di pagare, con le sue aziende, meno del x% di tasse. Non mi ricordo la cifra esatta; ma, di sicuro era ad una sola cifra; mentre, è risaputo (tra gli impiegati) che in Italia le tasse si pagano sempre a due cifre: xy%, appunto. Mi ricordo che lo defini: “Quel genio di Giulio”. Concordo, Giulio è proprio un genio tipicamente italiano che, infatti, non ha esitato a fare il politico.

Rischio di avere un altro attacco di colite ma, per fortuna, si torna a lavorare. Verso sera mi faccio la strada di ritorno in discesa, salgo in macchina e ritorno a casa. A casa accendo la televisione, mi metto un paio di cerotti ai piedi e mi guardo un pò di pubblicità che a me non fa male anzi mi aiuta a fare sogni meno agitati. Poi vado a letto per essere pronto a tornare a lavorare nell’ex portineria di via Tacito.

andrea@elestici.com

S-blogger a tempo perso e imprenditore a tempo non retribuito.

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