VAS: storia di ruba paghette dei bambini…

Qualche giorno fa un impavido lettore del mio s-blog mi ha chiesto di iscriversi all’area riservata ad adulti consenzienti in cui si possono leggere contenuti altamente scabrosi e veritieri su investitori o presunti tali. Prima di ammettere qualcuno, e decidere quale prezzo debba pagare, chiedo sempre di presentarsi in qualche modo e, soprattutto, di convincermi che valga la pena averlo tra i privilegiati e spennati. Ho fatto la stessa richiesta anche a questo coraggioso espatriato che mi ha raccontato, con una certa vergogna, di aver fatto per alcuni anni il “ruba paghette dei bambini”; ovvero, di aver gestito e lucrato sui cosiddetti VAS che altro non erano che loghi e suonerie venduti a cifre assurde, con formule di abbonamento spesso truffaldine in cui cascavano soprattutto bambini e bambine.

I suoi ricordi mi hanno fatto venire in mente che, per un breve periodo, anche io ho frequentato questi ambienti molto innovativi e redditizi. Nel 2001, infatti, entrai nel CDA del di Wireless Solution appena acquisita da DADA che si occupava proprio di questo business. La società era stata fondata da Max Ciociola ma era gestita da Marco Argenti (ora vice presidente in AMAZON) che avevo conosciuto in Canada alcuni mesi prima che tornasse in Italia. Ho resistito in quella posizione pochi mesi poi me ne sono andato via disgustato ed esterrefatto. A me pareva del tutto incredibile poter fare soldi in modo così truffaldino e vuoto di valore. Eppure posso ben dire che avevo torto. principeMax ha fatto fortuna in tutto il mondo grazie a questo modo di fregare le paghette ai bambini ed ora si può ben considerare il miglior startupper italiano con un business globale di grande successo e super finanziato di cui ho parlato in un altro mio S.post alcuni mesi fa. E non è nemmeno l’unico in Italia ad aver fatto i soldi in questo modo, anche gli amici di Buongiorno.it come Mauro Del Rio e Giulio Valiante si sono distinti in questo business.

Insomma devo aggiungere questa ulteriore macchia alla mia s-biografia ma nel frattempo goditi la narrazione che fa della sua esperienza il mio nuovo utente a cui ho concesso, dopo aver letto la sua “confessione”  il privilegio di registrarsi…

INIZIO DELLE STORIA

Sono tornato in Italia da poco. Ho vissuto una decina di anni in America Latina, dove andai per aprire la piccola filiale di una divisione di multinazionale europea attiva nei servizi a valore aggiunto per cellulari. Sono stato il primo degli italiani ad aprire quel mercato, allora non c’era nessuno ed il nostro lavoro consisteva fondamentalmente nel vendere contenuti a persone poco attente al proprio credito telefonico. Per quanto ci riempissimo la bocca di parole come “VAS” e “Entertainment” vendevamo, in realtà, cose come suonerie, e oroscopi in abbonamento SMS (roba di cui non vado particolarmente fiero), che ti portavano fatturato facile ed alti margini, anche se per me era un po’ come fregare le caramelle ai bambini. L’ARPU era alle stelle. Eravamo come dei bulli frega-bambini, se non stavi attento ti ritrovavi abbonato a servizi totalmente inutili che nessuno, con un po’ di sale in zucca, avrebbe mai acquistato. Poi sono arrivati tutti gli altri italiani, visto che la maggior parte di quel mercato era controllato da aziende nostrane. E’ stata un’avventura nata per scherzo da una mia idea, che si è trasformata in un’azienda da 20 milioni di fatturato nel giro di 3 anni. Ma le grandi aziende, specialmente a conduzione familiare, funzionano con meccanismi strani e la riconoscenza non fa parte del loro “mindset”, per cui dopo 4 anni ci siamo lasciati in malo modo.
Non sapevo che fare. Tornare in Italia o rimanere lì? Intanto gli ex-concorrenti venivano a trovarmi per farsi comprare la pubblicità. Avevo imparato molto in quegli anni, soprattutto a comprare pubblicità in TV e su Internet, e visto che eravamo i più grandi del mercato, riuscivamo a fregare le caramelle a prezzi sempre più bassi. Allora ho pensato che poteva essere un buon business su cui buttarsi. Gli affari, infatti, andarono bene, nel 2010 abbiamo fatturato circa 10 milioni vendendo pubblicità a tutti i frega-caramelle del quartiere. Era un mestiere senza adrenalina e abbastanza frustrante, tu combinavi gli incontri e gli altri trombavano, ma si guadagnava bene e poi diventavamo sempre più bravi.
 
Nel 2012 il mercato delle caramelle facili anche da quelle parti muore e allora mi sono messo a sviluppare una piattaforma di acquisto pubblicità in Real Time Bidding (della serie non trombo, ma gli incontri almeno li faccio combinare alle macchine), ma le competenze a quelle latitudini poi non erano così buone, o magari non sono stato bravo io a trovarne, e dopo 2 anni di investimento ero ancora con un pugno di mosche in mano e con i soci sviluppatori che pensavano ad altro. Nel frattempo un’avventura, nel vero termine della parola, in un e-commerce locale mi aveva fatto perdere milioni di euro miei (quando sento persone parlare di “fail fast” spero si riferiscano sempre ai soldi degli altri, e mai ai propri). Per cui a inizio 2014, stanco e demotivato ho salutato tutti e SONO TORNATO IN ITALIA. Mi mancavano i miei, ero stanco di vivere blindato e non avevo più tanta voglia di lavorare. Ho preso un anno di ferie, solo per me. È stata la cosa migliore che abbia fatto: sono andato a vivere fuori città, ho ritrovato i vecchi amici, quelli che non vedevo da anni, quelli a cui non dovevo dare nulla in cambio della loro amicizia, ho riscoperto sapori che non gustavo da tempo, ho preso 15 chili, ma sono tornato felice. Ed ho trovato l’amore.
Durante quest’anno non ho pensato a nulla, ho ricevuto proposte, ma ho sempre rifiutato, convinto che a volte è meglio fermarsi a riflettere che prendere decisioni affrettate. Avevo in mente un’idea da un po’ di tempo, ma mi serviva la persona giusta per svilupparla. Ne ho parlato con un vecchio amico di infanzia (programmatore all’antica, una persona eccezionale) lui si licenzia dal posto dove lavora da 12 anni e ci buttiamo a capo fitto su questa idea. Siamo a Latina e rimarremo qui. C’è gente in gamba, c’è il più grande distretto farmaceutico italiano e poi ci sono le biotecnologie, l’avionica e la meccanica di precisione ed un ambiente interessante, gente che lavora sodo senza tante chiacchiere ed in silenzio, non a caso la start-up italiana che ha ricevuto più investimento di tutti in Italia (22 milioni l’anno scorso e 15 due anni fa) è nata qui (Decisyon), ma pochi la conoscono. C’è la facoltà di informatica della Sapienza e ci ho trovato ragazzi preparati con tanta voglia di fare. C’è Roma a 40 minuti, ma non c’è il caos della capitale, ci sono gli affitti decenti, ci sono tutte le regioni d’Italia in una sola città, c’è il mare e puoi andarci in bici, c’è Sabaudia e il Circeo e c’è la mozzarella di bufala 😉 
Su questo progetto ci ho messo soldi miei, abbiamo appena lanciato e stiamo raccogliendo iscritti. Adesso vediamo come andrà. Ho incontrato il tuo s-blog per caso… (OMISSIS complimenti) … Riguardo ai personaggi che citi ne conosco qualcuno, ma mancando da parecchio tempo dall’Italia non ho molte relazioni con l’ambiente startupparolo italiano. Il 14 Dicembre scorso sono stato all’open summit a Milano e non mi ha fatto una buona impressione, anzi credo che ci sia troppo “sensationalism and oversimplification out there” come ho letto da qualche parte. L’impressione è che, finita da qualche anno l’era delle università fuffa, per togliere i ragazzi italiani dalle liste di disoccupazione li si sta convincendo che devono farsi la start-up, quindi tutto è bene quello che finisce male. E invece no. 
Sento un gran parlare di start-up, in un susseguirsi di eventi autoreferenziali che non raccontano nulla e che premiamo come innovatore dell’anno un e-commerce (nel 2015). Vedo start-up senza un chiaro business model e senza una strategia di lungo periodo farsi belle sulle pagine patinate di riviste e blog di settore. Ho incontrato giovani neo-laureati selezionatori di fondi di venture capital che esprimono giudizi su modelli di business altrui, senza aver MAI lavorato in un’impresa, senza aver MAI sentito sulla schiena quel brivido dell’incasso cliente che non arriva, mentre gli stipendi di fine mese si fanno sempre più vicini. 
(OMISSIS complimenti) …Credo che l’innovazione è una delle cose di cui questo vecchio paese ha bisogno, ma non serve tutto questo clamore intorno. Credo che il tuo blog sia più utile di tante chiacchiere che sento in giro, perché c’è bisogno di qualcuno che racconti anche l’altra faccia della medaglia: che fallire non è bello, anzi è qualcosa che può segnarti per sempre, e se non hai un paracadute rischi di rimanere povero e senza nulla. Che puoi aprire una start-up con 1 Euro, ma ce ne vogliono 4.000 per chiuderla e 1.200 (milleduecento) per spostare l’indirizzo della sede sociale in un’altra città, dico io. Che non tutte le start-up hanno bisogno di un’exit e che non puoi pensare ad un business avendo esclusivamente un’exit in testa e che, a volte, stare con i piedi per terra è meglio che volare senza ali. 
FINE DELLA STORIA… INVENTATA O VERA?
Oggi, 6 gennaio giorno della Befana, una persona che lavora in una TELCO qmi ha scritto queste parole: “Riguardo i servizi VAS, aggiungo solo che le Telco sono come Banche che consegnano i fucili a pompa ai rapinatori (le MAM e il wap billing) perchè le usino contro i correntisti per strada e poi chiedono una revenue share sui soldi rubati. Salvo ogni tanto far finta di colpirne uno troppo intraprendente per tenere buona l’Authority. Legale? Si. Decente? No!”
In effetti questo commento mi ha fatto venire voglia di raccontare alcune cose che ho visto fare mentre ero consulente in Telecom Italia  e che sono proprio in tema…

andrea@elestici.com

S-blogger a tempo perso e imprenditore a tempo non retribuito.

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