Prima puntata dell’Unicredit Reality: Aprire un conto corrente.. sembra facile..

Leggendo la dichiarazione di Unicredit Start-lab: “nata per sostenere concretamente i giovani imprenditori, l’innovazione e le nuove tecnologie.” mi è venuta l’idea di fare l’inviato speciale all’interno della realtà di Unicredit. Di  partecipare a Start-lab non ci penso proprio perché non ne ho il tempo. Ma di vedere come questa banca si comporta “concretamente” con una startup come l’eTravelDistict mi pare un impresa alla portata del mio poco tempo.

Quando sento parlare di Unicredit mi vengono automaticamente in mente i Derivati ovvero quella truffa finanziaria che fu rifilata ad imprese e amministrazioni pubbliche negli anni 2000 spacciandole per investimenti ad alto rendimento e pure sicure (qualcuno mi sa dire quante aziende sono fallite a causa dei Derivati?).

Mi viene in mente anche Mckinsey, in pratica, Unicredit credo sia il frutto di tutto il powerpoint world creato da questi super blasonati consulenti che, in Italia e in gran parte del mondo, hanno il monopolio del settore bancario e di cui ne stabiliscono le mode riorganizzative e strategiche. Profuno viene proprio da Mckinsey come anche Passera. Insomma il binomio banca-Mckinsey è del tutto naturale ma in Unicredit si può ben parlare di simbiosi e i risultati si vedono, sopprattuto negli ultimi tempi.

Ultimamente, invece, ho raccolto le lamentele di alcuni startupper che si erano fatti convincere a partecipare a start-lab e sono arrivati pure in finale o addirittura hanno pure vinto… un milione? due? Dieci? 10.000 euro. Dieci mila euro. Roba da colletta dell’oratorio. La vergogna non ha limiti. 40 milioni di buona uscita a Profumo e 10.000 euro a startup ad alto potenziale… questo si che è un segnale forte e chiaro al mercato.

Casualmente il 25 maggio, data in cui abbiamo costituito l’eTD, mi sono ritrovato in mano con un assegno circolare  emesso da Unicredit di 10.000 euro (coincidenza vero..) pari al capitale sociale raccolto dal nostro commercialista. Me lo sono messo in tasca e un paio di giorni dopo sono andato in una filiale di Bologna dell’Unicredit per aprire il conto della società. Agenzia di via Murri per la precisione.

agenzia unicreditEntrando ho pensato di aver sbagliato perché sembrava un negozio di mobili Stokke, Ikea o qualcosa di simile. Poi mi sono guardato intorno e ho visto il logo Unicredit ovunque ma non ho capito dove fossero gli sportelli in quanto c’erano solo scrivanie stile co-woking alla moda. Una signora mi viene incontro e mi chiede se potesse aiutarmi. Io le rispondo: “vorrei aprire un conto corrente”. Lei mi chiede i documenti e cominciamo la trafila con lei dietro un bancone da bar in cui per arrivare al computer deve stare in piedi. Boh… mi dico. Chissà che male ai piedi a fine giornata ma poi mi sono ricordato che le banche chiudono presto il pomeriggio. A un certo punto mi chiede che tipo di conto volessi e le rispondo: “uno che mi permetta di operare online senza più mettere piedi in agenzia e mi serve anche una carta di credito”. Lei mi chiede dove abito e io perplesso le rispondo: “che importanza ha dove abito? Le ho detto che userò il conto solo online”. Insiste, le dico dove abito e poi faccio io una domanda: “che documenti le servono della società?”. Lei mi guarda stupita e mi dice: “pensavo fosse per un conto personale. le chiamo subito il direttore”.

Arriva il giovane direttore che mi chiede dove abbia sede la società e di che società si tratti. Rispondo che ha sede legale a Milano e che si tratta di una start-up che mi serve solo un conto e l’abilitazione al remote banking perché poi opererò solo online. Lui è perplesso, mi dice che dovrei andare ad aprirlo a Milano. Io insisto e gli dico: “ma scusi che differenza fa dove apro il conto dal momento che lo userò solo via Internet?”. Alla fine si convince e si fa mandare l’atto costitutivo via mail (ha un mail e conosce Internet quindi). Torna dopo 10 minuti, che ho passato in piedi davanti al bancone da bar, e mi dice che ha visto che si tratta di una situazione complessa. Che tra i soci ci sono altre società, che andrebbero censite tutte per aprire il conto. Lo guardo perplesso e gli rispondo: “e le censisca pure, non è che da Milano i documenti vi arriverebbero diversi che da Bologna, sempre via email ve li spedirei. Mi dica di quali documenti ha bisogno e glieli spedisco subito con il mio smartphone (collegato ad Internet anch’esso.. NB)”.  Mi guarda contrito e mi dice che no, proprio no può aprirmi un conto a Bologna che non potrebbe tenerci d’occhio se non abbiamo una sede operativa in zona. Mi dice proprio così.. “tenerci d’occhio”. Io provo ad insistere dicendogli “guardi che lei non mi potrebbe tenere d’occhio comunque visto che in agenzia non ci tornerei mai più usando il remote banking”. Niente da fare.  Mi manda via senza aprirci il conto. Scusandosi ma dicendo che proprio non è prassi. Non un bel inizio. Proprio no.

La porta a vetri fatta per farti sentire un cretino o sbattere il muso

La porta a vetri fatta per farti sentire un cretino o sbattere il muso

Alcuni giorni dopo sono a Milano e decido di andare proprio nell’agenzia di piazza Gae Aulenti, e, casualmente, ci vado proprio quando è in corso il Digital Day che non ho capito in cosa consistesse se non nel fatto che in agenzia c’era un pò di ragazzini in maglietta rossa e che credevo fossero li per una pitch.

Entrare in agenzia non è proprio intuitivo. Porta a vetri a scorrimento e poi muro di vetro che uno si aspetta sia un’altra porta invece è proprio un muro, di vetro. Dall’interno mi vedono gesticolare in cerca del sensore e mi indicano che la porta, a vetri, e sul lato. Figura di merda ma almeno non ci ho sbattuto la faccia.

L’agenzia è enorme e spoglia come un ufficio dismesso ma sembra anche una sorta di reception con dei divani al centro. In giro ci sono  depliant di cellulari e passeggini. Vicino alle pareti ci sono dei tavoli dove lavorano delle persone ma la maggior parte delle postazioni sono vuote. In fondo mi pare di vedere un box. Ci sono cartelli pubblicitari appesi alla parete che mi fanno pensare che quella effettivamente sia un’agenzia bancaria. Anche qui un bancone da bar ma con nessun barista a presidiarlo. Mi raggiunge Carmela che mi dice che mi hanno riconosciuto per la maglietta. Uno vedendomi entrare in banca e gesticolare contro il vetro ha detto: “Hai visto quello li (io)?  Si è messo pure la maglia per farsi riconoscere! Quello chi?” gli credit realityrisponde l’altro. “Ma si quel pirla che è diventato famoso per il Blog”. Carmela me lo dice incazzata perché quella maglietta me l’ha regalata lei e non voleva me la mettessi per andare in Banca quel giorno. Io però volevo farmi un selfie proprio per questo post ma non pensavo che qualcuno mi avrebbe riconosciuto.

Finito di discutere con Carmela mi accorgo che c’è una specie di totem. Appena lo tocco per poco non cade ma almeno emette un biglietto che mi dice che esiste una cassa da qualche parte. Dove sia, non si capisce. Mi metto a cercarla e guardandomi intorno vedo un uomo che gesticola rivolto proprio allo stesso muro di vetro che pensavo fosse l’ingresso. Mi sento meno cretino. Gli faccio cenno di girarsi e anche lui entra a testa bassa (lo capisco). Mi rigiro e trovo mi difronte  una ragazza con una maglietta rossa che mi chiede se ho bisogno di qualcosa. Le rispondo che si vorrei aprire un conto aziendale (lo specifico subito). Chiama qualcuno al telefono e dopo poco scende con l’ascensore un funzionario chiaramente bancario nonostante il pizzetto molto trendy. Uno in completo grigio con tanto di cravatta. Sicuro un bancario. L’uomo giusto al posto giusto.

Andiamo al piano di sopra dove ci sono una serie di uffici intorno ad un balaustra da cui puoi guardare, senza essere visto, le scollatura delle signore che sono al piano di sotto. Ci accomodano in una sala riunione con vista panoramica sulle fontane di piazza Gae Aulenti piena di gente strana che fa il bagno nella fontana o fa acrobazie. Posto panoramico.

unicredi con raccomandazioneStavolta, per non correre rischi di essere messo alla porta di nuovo, mi sono fatto accompagnare da uno dei miei soci che è pure un dirigente dell’Unicredit (lo era ancora per alcuni giorni) in modo che ci mettesse “la raccomandazione”. Gli diciamo che vorremmo aprire il conto di due società, una startup ed una holding di partecipazioni. Il funzionario vero in grigio ci dice che ci vuole del tempo per aprire un conto e che non ne ha abbastanza per aprirne due senza prendere un appuntamento (e noi non lo avevamo preso l’appumtamento). Ci accordiamo di aprire solo il conto dell’eTravelDistrict e comincio a mandare atto costitutivo via mail. Dopo mezz’ora torna dicendomi che gli servono i documenti dei soci delle società che detengono più del 25% del capitale. Glieli mandiamo ma non basta perché una di esse ha tra i soci una fiduciaria. Vogliono una dichiarazione ad hoc e ingenuamente chiamo l’amministratore della società mettendolo in viva voce senza avvisarlo: “ciao, qui in Unicredit mi chiedono una dichiarazione della fiduciaria.” e lui “ma la società è già censita in Unicredit. Abbiamo il conto in Unicredit. Prendano da li i documenti che gli servono”. Il funzionario insiste nel dire che non basta vogliono una dichiarazione ad hoc”. Il mio amico credendo che fossi io a parlare mi dice. “sono 20 anni che abbiamo il conto in Unicredit ed ogni volta se ne inventano una nuova per complicare le cose. E’ proprio una banca di merda!”. Tolgo il viva voce e lo saluto. Nessuno commenta ma la posizione non cambia, vogliono la dichiarazione ad hoc. Me ne devo andare in attesa che la fiduciaria mandi la richiesta. Tempo d’attesa circa un ora e mezza.

unicredit 2La settimana dopo torno, con mio figlio (tanto per abbassare l’età media dei soci e passare per un giovane startupper). Firmo decine di pezzi di carta che sarebbe impossibile leggere. Noto però che tutte le dichiarazioni per la privacy hanno pre marcato l’autorizzazione a trasmettere i dati a soggetti terzi. Chiedo spiegazioni e mi dicono che se non accettassi non potrebbero aprire il conto. Gli faccio notare che sarebbe più serio non mettere nemmeno la possibilità di non dare il consenso visto che, di fatto, si tratta di una scelta obbligata. Annuiscono ma fanno spallucce. Le procedure sono procedure.

Mi consegnano tutto il plico e mi pare manchi qualcosa: la carta di credito! Chiedo spiegazioni e mi rispondono che per avere la carta di credito ci vogliono almeno 6 mesi di rodaggio. Sei mesi per la carta di credito e quanti anni per un finanziamento? E quanti secoli per un investimento in equity? Provo ad obiettare che siamo una startup e senza carta di credito non possiamo comprare servizi online etc etc. Mi promettono una carta prepagata. Ma quelli di start-lab hanno mai provato a far aprire un conto alle startup che selezionano? Invece di fare tanti corsi e concorsi non potrebbero far avere alle startup italiane che aprissero un conto in Unicredit una carta di credito? Subito!!  Comunque dopo un’altra oretta tra firme e attese varie il conto è finalmente aperto. Mi ci è voluto solo un messetto ma colpa del fatto che non vivo a Milano altrimenti..

banca intesaMe ne vado ricordando che in Carisbo la carta di credito me la diedero al volo senza fare troppe storie. Mi sa che mi toccherà aprire un conto anche li mentre quelli di Unicredit ci tengono d’occhio… sempre che non si ricordino del mio post su di loro…

 

 

 

andrea@elestici.com

S-blogger a tempo perso e imprenditore a tempo non retribuito.

Potrebbero interessarti anche...