La chiamano “Open Innovation”…

La chiamano Open Innovation che in italiano vuol dire fare ricerca a spese delle startup. O in s-blogging fare innovazione con il culo delle startup e pretendere di dargli anche una palpatina. Così, tanto per gradire.

Naturalmente le start-up possono solo ringraziare per avere l’opportunità di mettere in mostra il loro culo e farselo palpeggiare dalle aziende che prima di acquistare qualcosa o semplicemente copiarlo si vogliono pure divertire atteggiandosi a giudici imparziali. Talmente imparziali da pagare dei consulenti super innovativi per fare cosa? Delle pitch competition naturalmente.

E cos’altro potrebbero mai fare sti espertoni d’innovazione? Degli incontri di business? Delle gare con tanto di budget da aggiudicarsi? Magari sulla base di un preciso e credibile piano di lavoro invece di slide ad effetto?
Che gusto ci sarebbe? Si rischierebbe di dover premiare il merito e la competenza invece della forma e la consistenza delle natiche.

studio-ambrosetti

Ora che mi ricordo anche quei furboni dello studio Ambrosetti (che di facce da culo in mostra se ne intendono) già da alcuni anni hanno una loro unità, chiamata Geyser, che tiene aggiornato un database di tutte le start-up incubate, accelerate o finanziare in Europa (25.000!!! ne hanno censite) e su commissione di aziende (che pagano fior fior di soldi) selezionano le startup più interessanti per il business del committente. Poi, senza dare nell’occhio e, certo senza fare pitch, fanno indagini, business due diligence e valutazioni.

Valutazioni di buy or copy…

perché alla fine a furia di indagare l’idea incubata non è detto che sia degna di essere acquistata e può bastare copiate il poco di buono che c’è pagando solo il servizio di indagine. Altre volte, quando l’idea è meno copiabile, i super consulenti organizzano incontri tra la fortunata start-up e l’azienda cliente. In alcuni rarissimi casi il tutto diventa una gloriosa exit da raccontare come fosse la soluzione di tutti i mali del mondo.

Più che open innovation bisognerebbe chiamarla “open ispiration o copiation”.

Libertà di ispirarsi e copiare le idee altrui senza pagare nulla agli ideatori ma solo ai soliti consulenti che si fingono pure amici degli startupper.

hfarmEppure mi pare palese che in Italia di incubatori che facciamo ancora finta di fare investimenti veri non ne sono quasi più rimasti. Hfarm vive di corsi, eventi, consulenze e nei suoi piani per restituire i soldi raccolti promette che farà di tutto tranne che investire in start-up.

costruiamo-qualcosa-insiemeEnlabs è diventato un eventificio a ciclo continuo. Dalle business breakfast all’alba (a Roma il sole sorge verso le 10) alle serate con annessa discoteca o piano bar. Chiunque a roma voglia attirare l’attenzione senza ricorrere al poco salutare bagno nella fontana di Trevi deve necessariamente rivolgersi a dj Capello. L’unico rimasto in città a tenere alto il morale degli startupper dopo la dipartita di renzi e seguaci. Lui e Carnovale credo siano ormai anche rimasti i soli ad essere convinti che Roma possa confrontarsi degnamente con Milano invece che con Aleppo. Con New York invece che con Tripoli.

milano-romaA Milano, non è che tutto sia un incanto come i nuovi palazzi per ricchi. Ci sono talmente tanti incubatori, acceleratori e co-qualsiasicosa che si cominciano a vedere in giro i culi pelosi dei mentor in bella mostra nel tentativo di attrarre gli startupper di provincia che ancora ci cascano a farsi incubare…

Ad esempio gli amici di Digital Magics diffondono il verbo della open innovation e con quella sperano di sistemare i loro bilanci ormai del tutto dissanguati. Il ragionamento di tutti questi amici degli startupper è semplice: in Italia ci sono molte più aziende e aziendine con un po’ di soldi che startupper che possano pagare i loro “servizi” quindi quale miglior business di fare i procacciatori di start-up per le aziende a corto di idee? Quale miglior business che organizzare dei pitch per un pubblico di idraulici, elettricisti e bricoleurs? Naturalmente in un centro commerciale dove almeno si spera ci sarà qualche investitore di passaggio con la moglie a far la spesa?
chatbot

Sicuro idraulici ed elettricisti di business e innovazione ne capiscono molto più degli investitori nostrani e soprattutto sanno cogliere la differenza tra un bel culo e una presa per il culo. Ma proprio per questo dubito che a Rozzano se ne vedranno molti ad ascoltare il pitch delle startup che dichiarano di avere nuove idee di chatbot (che non è una sorta di love boat ne una nuova forma di risparmi a basso rischio).

Morale…

se sei uno startupper apriti bene la mente prima che ti aprano qualcos’altro con la scusa di darti la possibilità di farti conoscere un’azienda con cui fare open innovation… e se sei un’azienda seriamente interessata all’innovazione smettila di fare eventi per guardoni e offri opportunità vere e soldi veri alle startup.

andrea@elestici.com

S-blogger a tempo perso e imprenditore a tempo non retribuito.

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