QUELLI CHE….

Nella mia vita professionale mi capita spesso di imbattersi in uno o una di QUELLI CHE. Ce ne sono di ogni tipo e specie. Ultimamente sono in gran parte innovatori, mentor, angel investor, acceleratori e roba simile. Se penso alla purga post- new economy in cui noi webbari eravamo tacciati di speculatori inconcludenti e bollosi non posso che sorridere di questi innovatori che hanno scoperto il digital da ben 10 anni se non addirittura da quindici… un esempio per tutti l’ex Digital Champion Riccardo Luna che fino al 2006 si occupava di calcio a tempo pieno. Torniamo al punto: nelle scorse settimane ho cominciato a spammare ai miei contatti linkedin il video pitch di Garanteasy accompagnandolo con farsi del tipo:

“cosa potresti fare tu per noi?”

Da questa sorta di sondaggio ho cominciato a farmi un’idea più precisa delle fenomenologia dei QUELLI CHE ed ho scoperto che alcuni si meritano l’appellativo di QUELLI CHE NON CI CAPISCONO UN CAZZO come ad esempio un tal Alberto Giusti di 42accelerator… che mi ha risposto: “…non credo assolutamente nel modello di Garanteasy. Mi spiace, in bocca al lupo”. Al che io gli ho chiesto: “Per curiosità quale pensi che sia il nostro Modello?” e lui a stretto giro di chat: “Vendita di dati”. Sono scoppiato a ridere e mi son detto questo è proprio uno di QUELLI CHE NON CI CAPISCONO UN CAZZO. In seguito ho provato a fargli notare che delle nostre 50 stream revenue nessuna riguardava la vendita di dati ma lui non ha saputo dir altro che precisare che con la sua frase intendeva dire “monetizzare i dati”. E che non lo avevo capito!? Ciò che non riuscivo a capire, invece, è come uno che facesse un errore così grossolano potesse pensare di poter fare i mentor e mi cercasse pure di propinare dei suoi post in cui teorizza la costruzione scientifica del successo… Boh. Ancora più stupefacente per me è stato scoprire che, in 42accelerator, tra i loro investitori figurasse anche Andrea Sabia che conosco benissimo. Di lui ho una geande stima e è uno che nella fondazione di Garanteasy ha avuto un ruolo tutt’altro che secondario. Misteri che circondano QUELLI CHE.

Altra cosa che ho scoperto leggendo le risposte di gente come Mind the Bridge, TIM Wcap e Tree è il fatto che tutti sti dopatori di strartup cercano solo scolaretti alle prime armi a cui propinare dei corsetti, viaggi studio e roba simile. Nessuno, dico NESSUNO, che abbia un qualche programma di accelerazione commerciale per startup come la nostra che sta già fatturando e cercano solo nuovi clienti o partner commerciali. Questi soggetti li definirei QUELLI CHE TI PROPINANO ARIA FRITTA.

Ad essere sincero ho trovato qualcosa che assomiglia a qualcosa di utile in un programma GrowUP promosso da Equivest ma dopo un paio di conference con persone sicuramente competenti non siamo riusciti a trovare la quadra per una collaborazione concreta e non se ne è fatto più nulla. Pare che, invece, la quadra la troveremo con Roberta e Massimiliano Gilardi di G2 STARTUPS che mi pare abbiano proprio l’approccio giusto per fare business ed anche con uno squaletto di cui ancora non voglio rilevare il nome per scaramanzia. Questo gruppetto si potrebbero degnamente definire QUELLI CHE DICONO DI FARE QUALCOSA DI UTILE E SPERIAMO LO FACCIANO DAVVERO

Altro esempio, forse unico esempio, di gente che effettivamente sembra avere relazioni e competenze per darci il supporto che cerchiamo in ambito banking e, soprattutto, portare qualche risultato invece che solo slide è stato l’incontro fatto con un certo Carlo Giugovaz di Supernovaelabs che ho poi scoperto essere uno che ha ben 27K contatti Linkedin e un CV di tutto rispetto in ambito bancario. Con lui ci siamo visti due volte in una settimana e stiamo già negoziando un contratto di collaborazione pluriennale. E’ vero che al secondo incontro Carlo ha cercato di fare l’avvocato del diavolo di un’ipotetica banca potenziale nostra cliente finendo con il fare la figura di quello che non ci aveva ancora capito molto del nostro business, come è giusto che fosse ma da buon ex Mckinsey si è lanciato con immutata arroganza. Con lui, che potremmo definire tra QUELLI CHE NE SANNO (SOLO LORO), abbiamo, però, sempre e solo parlato di strategie commerciali e sistemi d’offerta e non di corsi o ipotetici corsi di accelerazione Insurtech o simili. Arrogantello come qualsiasi ex consulente che si rispetti ma uno che ne capisce e può portare risultati.

Colgo al balzo l’occasione per costatare che ultimamente sono comparsi sul palcoscenico un sacco di QUELLI CHE NE CAPISCONO D’INSURTECH. E come biasimarli? Considerata l’arretratezza delle Assicurazioni basta un neo laureato con tesi sul digital marketing fatto sui casi di vendita online delle polizza assicurative RCA per farne un guru cercato ed ascoltato in ogni convegno ed evento sul tema. Per inciso il sottoscritto progettò e fece realizzare uno dei primi siti di vendita online di quelle polizze ed erano gli anni 90. Era quello di Royal Insurance. Ora linkedin si sta riempiendo di QUELLI CHE NE CAPISCONO D’INSURTECH E NE PARLANO, E NE SCRIVONO (PER SENTITO DIRE…)

Ed infine ho avuto modo di fare un paio di call con attori dell’open innovation d’oltre manica e per poco non mi prendeva un infarto. Nessuno che parli di competizioni o premi ma di veri e propri bandi di gara con un preciso programma di selezione e lavoro che ha come premio non una coppa ma una vera propria commessa per implementare quanto proposto e se funzionante per farne il rolla out completo per aziende da paura. Aziende che, e te lo dicono subito, sono disposte a mettere a budget anche milioni di euro per il progetto vincente. Milioni di euro di commesse senza pretendere alcun pedaggio in equity. Nessuno osa chiederti equity per fare open innovation al limite ti chiedono di poter partecipare ad eventuali round di finanziamento come un investitore qualsiasi. Questi si che sono QUELLI CHE FANNO QUALCOSA DI UTILE ed è incredibile scoprire che a lavorare su questi programmi ci sono dei cervelli italiani il che dimostra che l’inconcludenza del sistema italiano non è un fatto genetico ma comportamentale. Tristemente comportamentale. Potremmo chiamarli QUELLI CHE FANNO QUALCOSA DI UTILE ANCHE PER GLI ITALIANI MA NON IN ITALIA.

Da elogiare, infine, il comportamento curioso e sinceramente interessato di Claudio Giuliano di Innogest sgr che pur sapendo che noi non vogliamo VC nel nostro capitale ha voluto comunque capire come funzionasse il Garanteasy andando molto oltre quel poco che abbiamo scritto nel pur lungo Business Plan (40 pagine). Ad essere sincero anche Paolo Barberis non è stato da meno nell’incontro che abbiamo avuto a Firenze. Lui è uno dei pochi attori dell’ecosistema che ha un focus d’investimento ed operativo preciso e da quello non si scosta. Ancora una volta un esempio di genetica italiana e comportamento coerente alle proprie competenze. Un esempio di QUELLI CHE NE SANNO DI QUALCOSA E SU QUELLO LAVORANO SENZA FARE I FENOMENI.

E per concludere la categoria più preziosa

Quelli che fanno business

Quelli che lo fanno, sbagliano e ci riprovano. Semplicemente quelli come noi.

PS. comunque mi sto divertendo e incontrando gente interessante quindi continuerò a cercare altri di QUELLI CHE…

PPS del 1 agosto. Dopo aver letto accorate difese di Alberto Giusti mi sento in dovere di rettificare la mia classificazione da “QUELLI CHE NON CI CAPISCONO UN CAZZO” in ” QUELLI CHE SPARANO CAZZATE PUR CAPENDONE”.

andrea@elestici.com

S-blogger a tempo perso e imprenditore a tempo non retribuito.

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