Come fallire di Open Innovation

In questi giorni i comuni mortali (che non fanno gli startupper ma i manager) tornano finalmente al lavoro e ricominciano a risponderti dicendoti: “sono appena tornato dalla ferie e prima di fine settembre non riesco a darti una risposta”… e te lo dicono senza vergogna dopo che a luglio, ma spesso anche a giugno, ti avevamo detto: “ne riparliamo a settembre, dopo le ferie perché ora siamo full..”; in questi giorni in cui tu pensi a come pagare gli stipendi (si fa per dire) dei tuoi collaboratori che hanno lavorato tutto agosto per essere pronti a settembre proprio per far bella figura con il manager vacanziero; in questi giorni in cui cominci a pensare che i mesi passano come fossero giorni; in questi giorni cominci a temere di finire come quelle startup che sono fallite per troppa open innovation…

Ti chiederai ma come si fa a fallire di troppa open innovation quando proprio l’open innovation è ora considerata la panacea di tutti i problemi delle startup italiane? Semplice ed ora ti faccio alcuni esempi a cominciare dall’assurda storia di S5tech.

S5tech è una società  ha intuito che anche il retail più tradizionale si dovesse digitalizzare per provare a competere con l’ecommerce ed ha “inventato” delle etichette digitali per i prezzi a scaffale in modo che questi potessero essere cambiati da remoto e senza alcun intervento del personale riducendo i tempi di aggiornamento da 20 giorni a poche ore se non minuti.  Da notare che un sistema analogo verrà usato da Alibaba nel mega store che sta realizzando in Cina e con il quale ha avviato l’espansione fisica del suo business. Quindi stiamo parlando di qualcosa di quanto meno utile che infatti quelli di S5tech forti di una partnership con  Fujitsu ed un bel finanziamento di IAG (mi pare di 800k) hanno cominciato a proporre la loro soluzione ai retailer nostrani facendo proprio open innovation, ovvero, proponendo di fare gratuitamente un pilot della propria soluzione. Sono stati talmente bravi da convincere Esselunga, si proprio quell’esselunga che macina milioni di utili l’anno e che i cinesi si volevano comprare a 7.5 miliardi di euro. Un’azienda che non credo avesse problemi a pagare per un tale pilot ma gli affari sono affari, perché pagare se si può ottenere lo stesso servizio in modalità “open innovation” e con tutti gli onori pure? E visto che è gratis perché non chiedere modifiche e personalizzazioni? Perché non allungare di qualche mese la durata del pilot? E perché non prendersela pure comoda prima di firmare il meritato contratto e cominciare a pagare? Nessuna fretta e tanti meriti ed onori ai manager che hanno fatto tutto questo senza erodere i propri budget, senza prendere alcun rischio e facendosi tutte le meritate ferie. S5tech è stata messa in liquidazione prima di ottenere il contratto. Aveva finito la cassa a furia di fare personalizzazioni a gratis e ad aspettare i comodi dei super capaci manager. Mi dicono (fonti ben informate) che se avesse ottenuto il contratto prima di finire la cassa ci sarebbe già stato pronto un mega finanziamento se non addirittura un’exit multimilionaria… sarà vero? Sarà vero che avere un contratto con Esselunga abbia un valore? Un valore per cui valga la pena fallire?

Io posso farvi decine di esempi simili riguardanti la mia esperienza. Ad esempio con Garanteasy abbiamo impiegato 14 mesi per ottenere l’ok ad avviare un pilot a nostre spese con una mega azienda (e grazie al cielo che ci siamo riusciti). E dopo il pilot di 4 mesi che ha dato risultati strabilianti ora stiamo sudando un altro anno di verifica in cui siamo ancora noi ad investire (e continuiamo a ringraziare e ringraziare).

E che dire di quella Banca con tanto di incubatore, con cui abbiamo cominciato a trattare a dicembre del 2016 e con la quale non abbiamo ancora trovato la quadra per iniziare il pilot dopo aver firmato NDA, definito contratti, progettato flussi e UX del servizio da abbinare alla loro APP? E, se non bastasse, dopo esserci anche offerti di realizzare a nostre spese il software da integrare nella loro APP? E stiamo parlando di un Banca super solida e super innovativa, cazzo non di un negozietto che tira a campare.

E che dire di quel manager di una ottima catena, per di più super mega guru dell’omnicanalità e assiduo presenzialista di ogni evento digital, che, di mese in mese, ci promette che faremo qualcosa insieme e, intanto, sono passati 5 mesi in cui noi abbiamo e studiato e realizzato tutto quello che ci era stato richiesto di approfondire o modificare per la sola speranza di poter fare il pilot a nostre spese… Manager che prima di tutto si è preoccupato di sapere se il pilot con loro potesse essere usato per fare comunicazione e ottenere visibilità per l’azienda (e aggiungo io da malpensante) per se stesso.

Una volta, prima che sti guru del cazzo, si inventassero l’OPEN INNOVATION era normale farsi pagare per fare il proprio lavoro come consulente o fornitore. Magari poco, magari alla prima commessa rimettendoci anche gran parte dei soldi, ma ci si faceva pagare sempre. Ora, invece, l’innovazione bisogna darla via a gratis perché ce n’è troppa in giro che non trova investitori e, allora, tanto vale usarla per farci qualche evento (e guadagnarci nell’organizzarlo) e/o usarla per far fare carriera a qualche manager privo di idee e/o per affittare degli uffici super cool a prezzi stratosferici (vedi Copernico & company). Ma sai che ti dico?

Era meglio quando si stava peggio!

PS. per fortuna ci sono anche quei manager che al primo incontro, fiutato il business, si mettono subito a discutere di percentuali e piani di attuazione (non di comunicazione) altrimenti ci sarebbe da pensare che i cretini siano quelli che, come me, ancora cercano di fare impresa in Italia e non i guru che campano di comparsate, libri e corsi di formazione.

 

 

andrea@elestici.com

S-blogger a tempo perso e imprenditore a tempo non retribuito.

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