Altro che robot e AI, per l’alta qualità ci vogliono persone vere ed esperienza

Con Garanteasy ci occupiamo di garanzie ovvero di qualità perché è indubbio che la qualità si misura prima di tutto in durata (durata dei materiali, delle lavorazioni, dello stile) e dare una garanzia lunga ed estesa è il modo migliore per valorizzare la qualità dei prodotti di qualità. Purtroppo pero la qualità in alcuni settori merceologici come quelli della moda non pare essere di moda (ti piace il gioco di parole?) e molti, direi troppi operatori del quello che fu il “MADE IN ITALY” hanno delocalizzato produzioni che ci invidiavano in tutto il mondo. Quelle produzioni erano il motore dei famosi distretti ora spesso desertificati. Eppure ci sono segnali di rinascita e non vengono dalle innovazioni tecnologiche del momento; ma proprio dal recupero delle competenze ed esperienze delle operaie più anziane che i manager senza coglioni ma super masterizzati avevano per prime fatto licenziare o mettere in pre-pensionamento. Ma ora lascio la scrittura a Rosa Cappiello che un giorno mi ha raccontato la storia di sua suocera, operaia di Parabiago, e che ora te la racconta e magari la smetti di pensare che i robot ci ruberanno il lavoro e ce l’AI sia una minaccia se non per i cretini che non sanno fare nulla e, soprattutto, non sanno ragionare:

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Rosa Cappiello

A Parabiago esiste un mondo affascinante, quello delle scarpe! Negli anni del boom le fabbriche erano tantissime: gli anziani dicono che dietro ogni porta si sentiva il rumore dei macchinari, ora purtroppo non è più così.
Adesso qui è il regno delle luxury shoes, si fabbricano le scarpe più belle del mondo, niente a che vedere con quelle low cost, per intenderci. Negli anni del dopoguerra sono arrivati tanti emigranti dal Meridione, richiamati dalla mitica “Termozeta” (leader dei ferri da stiro a vapore, li hanno inventati loro!), dalla Rancilio (leader delle macchine per il caffè per i bar), dalla Mep Marazzini (leader mondiale delle motofalciatrici), e da fabbriche artigianali di scarpe. Eh si, a Parabiago si fabbricavano scarpe vendute, oltre che in tutta Italia, anche all’estero. Negli anni 60 veniva nientemeno che Sandro Mazzola con la famiglia a fare acquisti, ed era un assoluto privilegio incontrarlo. Mio marito ricorda che da bambino, essendo tifoso dell’Inter, diceva con orgoglio ai suoi compagni: la mia mamma lavora nella fabbrica del Sig. Ettore, quindi io posso incontrare il mio calciatore preferito!

Poi arrivò una delle tante crisi, molte fabbriche chiusero i battenti, Termozeta compresa e tante altre, ognuna leader nel proprio settore, poiché c’era (e c’è ancora) l’illusione che delocalizzando ci si potesse arricchire alla conquista del mercato mondiale. Ma noi italiani non siamo secondi a nessuno per quanto riguarda la creatività e il buon gusto (vediamo di non farci fregare, eh?). E’ vero che alcune fasi produttive vengono delocalizzate in Est Europa, ma quando c’è da investire molto i grandi committenti stranieri (in primis, le grandi firme francesi) esigono il massimo del made in Italy. Per questo motivo, i titolari di diverse fabbriche di scarpe che hanno ricevuto commesse importanti sono andati letteralmente a bussare alle porte delle migliori operaie, le migliori orlatrici, le migliori pulitrici di Parabiago e dintorni, pregandole di tornare al lavoro e subito, c’era e c’è un impellente bisogno di tutte loro! Conosco alcune signore che, prossime alla pensione, hanno il compito di insegnare il più possibile l’arte ai colleghi più giovani, ci vuole impegno, precisione e pazienza! Fino a pochi anni fa ricordo bene che i titolari di un calzaturificio imploravano mia suocera (che da giovane aveva lavorato lì) di andare da loro qualche ora al giorno per insegnare ai più giovani il mestiere. Già, perché mia suocera ricorda orgogliosamente di essere stata tra quelle che erano riuscite ad assemblare giornalmente ben 40 paia di scarpe da donna.

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andrea@elestici.com

S-blogger a tempo perso e imprenditore a tempo non retribuito.

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