Di cosa è morto (realmente) Enrico?

Ufficialmente Enrico è morto d’infarto. Infarto fulminante ma chi lo conosceva bene sa che quella non è la vera causa della sua prematura scomparsa. Ne parlo ora perché mi hanno dato fastidio le parole di Marco Benatti a commento di una mia condivisione riguardo la ridicola querelle che lo vede contrapposto al suo ex amico e socio Sorrell. Marco ha avuto la faccia tosta di scrivere che “Abbiamo cercato di mantenere vivo l’insegnamento di Enrico verso l’innovazione grazie a XY ora CEO del gruppo”. Ovvero grazie ad un tizio che non so nemmeno chi sia e che sicuramente non ha mai lavorato in Inferentia fino almeno al 2000.

Arrivo al sodo: Enrico non è morto d’infarto ma di dolore, un lento e devastante dolore che è iniziato nel 2004 (o forse anche prima) quando è stato costretto a lasciare la sua creatura, ciò a cui aveva dedicato gran parte della sua vita. Ciò a cui aveva dedicato molto più tempo e cure in assoluto di qualsiasi altra cosa. Addirittura, e mi spiace dirlo, molto più tempo e attenzioni di quante non ne abbia mai dedicate ai suoi stessi figli, pur amatissimi.

Sto parlando di INFERENTIA, la gloriosa e unica Inferentia poi diventata quel mezzo pastrocchio di INFERENTIA-DNM e, infine, Fullsix. Nome importato da una società francese che nulla aveva della gloriosa e realmente unica storia di Inferentia che, nel caso non lo sapessi, prese il suo nome dal fatto che, quando fu fondata (nei primi anni 80), si occupava di motori inferenziali ovvero di intelligenza artificiale.  E con questo ho detto tutto riguardo la stupidità e miopia di chi ha pensato di cambiare quell’avvenieristico nome in quello, banalissimo, attuale più adatto ad una pompa di benzina che ad una società innovativa. Danni che fanno i venditori di pubblicità quanto si credono comunicatori e ancora peggio strateghi del digital… Il nome però lo inventò Marco Tinelli e si riferiva al fatto che offrisse un servizio “full” in 6 nazioni europee. Originale. Molto originale. 

 

 

 

 

Non fraintendere il senso di questo mio s-post, Enrico non era un santo, e sapeva usare tutto e tutti a suo vantaggio senza farsi troppi scrupoli per nessuno se non per la sua amata Inferentia. Il primo a lasciarci le penne fu, ai tempi dell’ingresso di Benatti nel capitale, Maurizio Bombara che era con lui fin dalla fondazione e a quell’epoca il DG di Inferentia. Il gioco delle parti tra Maurizio ed Enrico era che Maurizio facesse il cattivo ed Enrico il buono con gli uomini di Benatti. Ovvero che Maurizio facesse da parafulmine e Enrico da riparatore. Il risultato fu, che gli uomini di Benatti, chiesero subito la testa di Maurizio come condizione al loro ingresso ed Enrico non si oppose… E, sì, Enrico era uno così. Maurizio se ne andò senza nemmeno sbattere la porta e senza nemmeno portare rancore. Sapeva come fosse fatto Enrico.

Poi è toccato a molti altri compreso io che fui sostituito come CMO da  Domenico Ioppolo preso da ACnielsen e che il web lo aveva visto nelle statistiche. Altro uomo di Benatti o, comunque, a lui più gradito (io a dire il vero ero anche affaccendato in altro, vedi incubatore etc).  L’allora direttrice amministrativa, Paola Colombo meglio conosciuta come “la fata turchina dei numeri”, era stata già messa in disparte. Un semplice ragioniera che non poteva certo gestire una società in via di quotazione ma poteva, anzi doveva, correggere i cash flow, i BP, Bilanci e Bilancini che i blasonati e strapagati uomini di Benatti cannavano regolarmente essendo tutta gente che proveniva da un business iper banale come quello dei centri media (compra e vendi spazi pubblicitari) e che, quindi, non sapevano raccapezzarsi in un business altamente complesso e in continua trasformazione come quello di Inferentia. Negli anni successivi l’epurazione ha riguardato un pò tutta la prima linea storica d’Inferentia fino a quando anche Enrico fu stato sostituito con un Amministratore Delegato di sicura fede Benattiana.

Non credere che Enrico abbia lottato per difendere i suoi uomini, non era da lui, a lui interessava solo che Inferentia (-DNM che rabbia mi fa ancora ora questa appendice) avesse successo. Le persone non erano poi così importanti. Di talenti ce ne erano tanti sul mercato e lui sapeva, o pensava di sapere, come attrarli. La verità è che, però, nel tempo i talenti scomparirono del tutto da Inferentia e furono sostituiti da mercenari proprio perché non c’era più spazio per il merito; ma, solo, per l’appartenenza alla cordata giusta, che poi era, sempre e solo, quella dei Benattiani, ovvero, dei venditori di spazi pubblicitari o di floppy disk (vedi DNM).

Enrico era un incassatore micidiale, potevi insultarlo per ore e lui continuava a fumare e a sorriderti tranquillo, nulla sembrava turbarlo figurati la sostituzione di un suo uomo o donna di fiducia. Solo l’essere stato prima esautorato e, poi, allontanato da Inferentia è stato per lui un dolore immenso. Talmente profondo che se ne è ammalato gravemente di una malattia degenerativa incurabile. Una malattia che lo ha costretto per anni a lunghi ricoveri ed a cure a base di cortisone in dosi da elefante (e si sanno gli effetti del cortisone sul cuore). Una malattia che lo stava rendendo cieco e in prospettiva pure tetraplegico se non del tutto vegetativo. Lui, un indistruggibile gigante, si stava consumando per il dolore di quella grande e insanabile perdita.

La fondazione di Digital Magics che, poi, altro non era che il nostro progetto di “Ebusiness Creativity Lab” che avevamo lanciato nel 2000 con il nome di ideaUP (molto meglio di Digital Magics che, in realtà, era un nome nato per una commessa di Ferrero “Magic Kinder” o qualcosa del genere) non era il suo progetto per la vita. Digital Magics non era la sua Inferentia. Era un surrogato con cui voleva dimostrare a tutti quelli che lo avevano umiliato che il vero fenomeno era lui e solo lui. Aveva ragione, almeno nel confronto con i Benattiani ha vinto senza alcun dubbio; ma, il parziale successo morale della quotazione di Digital Magics, non lo ha compensato del dolore della perdita di Inferentia. Troppo profonda e intima per poter essere compensata con un incubatore mangia soldi come Digital Magics la cui fragilità (ora mi pare si stia rimettendo in carreggiata) era per lui un’altra fonte di stress che nascondeva anche ai suoi stessi soci e collaboratori più stretti che lo hanno scoperto solo dopo la sua morte.

Quelle poche volte che l’ho incontrato a quattr’occhi, dopo la sua defenestrazione da Inferentia, abbiamo parlato, quasi esclusivamente, di come si stesse preparando a morire e dell’idea di suicidarsi prima di diventare del tutto immobilizzato. Idea che, negli anni e grazie alle cure, era andata svanendo fino al tragico giorno in cui la sua morte ci ha colti tutti di sorpresa.  Io non sono, quindi, una fonte molto attendibile rispetto a come Enrico abbia trascorso i suoi ultimi anni di vita. Di sicuro, però, penso di non sbagliarmi nel dire che nessuno dei Benattiani possa avere il diritto ed il coraggio di dire che hanno “cercato di mantenere vivo l’insegnamento di Enrico”. Proprio NO! Piuttosto, dovrebbero dire che hanno cercato di cancellarne ogni traccia anche dal sito di quello strano accrocchio di roba digitale che ora si chiama Fullsix.

 

andrea@elestici.com

S-blogger a tempo perso e imprenditore a tempo non retribuito.

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